lunedì 2 febbraio 2009

L'Impresa di Fiume: premessa


La situazione di Fiume, negli anni precedenti allo scoppio della prima guerra mondiale, aveva visto un forte contrasto tra la comunità italiana storicamente prevalente all'interno della città e quella croata, che a seguito della progressiva espansione del porto si era col tempo stanziata nel quartiere operaio di Sušak, sorto a est della Fiumara, il corso d'acqua che suddivideva la città
(formalmente dipendente dalla Corona Ungherese in qualità di "Corpus Separatum")
.
L'Italia avanzava le sue pretese in quanto la maggioranza della popolazione del "Corpus Separatum" era italiana, mentre i croati facevano altrettanto giustificando che l'area circostante Fiume fosse a maggioranza slava.
Nel momento in cui l'Italia decise di entrare nel conflitto mondiale, stipulando nel 1915 il Patto di Londra con gli alleati, la questione di Fiume sembrava aver trovato una soluzione, dal momento che il trattato prevedeva la cessione della città alla Croazia.
Tuttavia, nel 1918, benchè nel momento del crollo dell'Impero Austro-Ungarico le truppe croate avessero occupato la città dalmata, la stessa per voce del suo consiglio comunale rifiutò di essere annessa ai territori croati, chiedendo espressamente di essere inclusa all'interno dei nuovi confini italiani.
Al forte contrasto che scoppiò all'interno della città (accentuato dalla costituzione di due consigli, l'uno favorevole all'annessione all'Italia, l'altro alla Croazia) si cercò di porre rimedio nel
1919 durante la conferenza di pace di Versailles, nel corso della quale il Presidente del Consiglio Vittorio Emanuele Orlando e il Ministro degli Esteri Sidney Sonnino proposero l'annessione di Fiume all'Italia, a cui oppose un fermo rifiuto il presidente degli Stati Uniti Woodrow Wilson.
Alla politica americana e all'incapacità del governo italiano di affermarsi dal punto di vista diplomatico, rispose Gabriele D'Annunzio.

L'Impresa di Fiume: gli avvenimenti


Tra l'11 e 12 settembre del 1919 il poeta italiano
, indossata la divisa di tenente-colonnello dei Lancieri di Novara e al comando di alcune migliaia di soldati appartenenti al reggimento dei Granatieri di Sardegna (l'impresa richiamò poi a Fiume anche artisti ed intellettuali di diverso orientamento politico), partito da Ronchi in provincia di Gorizia arrivò a Fiume, occupando la città contesa e concretizzando gli orientamenti nazionalisti italiani, che vedevano nelle conclusioni alle quali si stava pervenendo a Versailles il presupposto per l'affermarsi di una "vittoria mutilata" (la convinzione diffusa fra gli ambienti nazionalisti e reducistici del primo dopoguerra che l'Italia non avesse ricevuto una sufficiente ricompensa per il suo contributo alla vittoria sull'Impero Austro-Ungarico nell'autunno del 1918).



Foto di legionari partecipanti all'impresa fiumana


Granatieri di Sardegna a Fiume


L'impresa di D'Annunzio fu accolta con entusiasmo dalla popolazione di Fiume, galvanizzata dai discorsi del poeta italiano.
L'anno successivo i legionari di D'Annunzio occuparono anche Zara, dopo che il poeta ebbe proclamato, l'8 settembre 1920, la Reggenza Italiana del Carnaro.


Gonfalone della Reggenza Italiana del Carnaro, su progetto di Adolfo De Carolis, 1919. Nel cartiglio, il motto "Qui contra nos?" ("Chi contro di noi?").


Contestualmente, il poeta italiano, con la collaborazione di Alceste De Ambris (esponente del sindacalismo rivoluzionario italiano), promulgò la rivoluzionaria "Carta del Carnaro" [a seguito la premessa di De Ambris e gli articoli 2 e 5], che costituì, sebbene per un breve periodo, la costituzione della città di Fiume.

« Il Popolo della Libera Città di Fiume, in nome delle sue secolari franchigie e dell'inalienabile diritto di autodecisione, ric onferma di voler far parte integrante dello Stato Italiano mediante un'esplicito atto di annessione; ma poichè l'altrui prepotenza gli vieta per ora il compimento di questa leggittima volontà, delibera di darsi una Costituzione per l'ordinamento politico ed amministrativo del Territorio (C ittà, Porto e Distretto) [...] e degli altri territori adriatici che intendono seguirne le sorti. »
« Art. 2 - La Repubblica del Carnaro è una democraziadiretta, che ha per base il lavoro produttivo e come criterio organico le più larghe autonomie funzionali e locali. Essa conferma perciò la sovra nità collettiva di tutti i cittadini senza dis tinzione di sesso, di razza, di lingua, di classe e di religione; ma riconosce maggiori diritti ai produttori e decentra, per quanto è possibile, i poteri dello Stato, onde assicurare l'armonica convivenza degli elementi che la compongono. »

« Art. 5 - La Costituzione garantisce i noltre a tutti i cittadini, senza distinzione di sesso, l'istruzione primaria, il lavoro compensato con un minimo di salario sufficiente alla vita, l'assistenza in caso di malattia o d'involontaria disoccupazione, la pensione per la vecchiaia, l'uso dei beni legittimamente acquistati, l'inviolabilità del domicilio, l'habeas corpus, il risarcimento dei danni in caso di errore giudiziario o di abuso di potere. »


Il primo francobollo della Reggenza del Carnaro, emesso il 12 settembre 1920, con l'effigie di D'Annunzio ed il motto "hic manebimus optime" ("Qui staremo benissimo")


L'impresa di D'Annunzio tuttavia si scontrò ben presto con la politica estera condotta dagli uomini politici italiani.
Il 12 novembre 1920 infatti, il nuovo governo guidato da Giovanni Giolitti raggiunse un'intesa con la neonata Iugoslavia attraverso il Trattato di Rapallo. In esso si stabiliva che Zara e l'Istria passassero all'Italia, mentre la Dalmazia rimanesse all'interno dello Stato slavo. La questione di Fiume veniva risolta dichiarando la città Stato indipendente.

La decisione della diplomazia internazionale venne mal accolta da D'annunzio e i suoi legionari, i quali definirono più volte il trattato un vero e proprio crimine.
Così le milizie fiumane e il loro comandante decisero di opporre resistenza alla decisione dello stesso governo italiano, respingendo qualsiasi forma di compromesso.

Il "Natale di sangue"


La resistenza delle milizie delle poeta si scontrò c
ontro l'esercito italiano, comandato dal generale Enrico Caviglia, che, nelle tragiche giornate del "Natale di sangue" (definite così da D'Annunzio stesso) del 1920, per cinque giorni tenne la città sotto assedio.

« Il delitto è consumato. Le truppe regie hanno dato a Fiume il Natale funebre. Nella notte trasportiamo sulle barelle i nostri feriti e i nostri morti. Resisitiamo disperatamente, uno contro dieci, uno contro venti. Nessuno passerà, se non sopra i nostri corpi. Abbiamo fatto saltare tutti i ponti dell’Eneo. Combatteremo tutta la notte. E domani alla prima luce del giorno speriamo di guardare in faccia gli assassini della città martire. »

Il 21 dicembre 1920 la Reggenza del Carnaro proclamò ufficialmente lo stato di guerra contro il governo liberale di Giolitti.
La sera della vigilia di Natale l’esercito regolare italiano attaccò i legionari. Quel giorno combattimenti particolarmente duri si ebbero nel settore di Val Scurigne e attorno al cimitero cittadino di Cosala.
Le ostilità cessarono il giorno di Natale per poi riprendere il 26 mattina con alcuni colpi di mortaio sulla città. Al pomeriggio l’unità della Marina Militare italiana “Andrea Doria” che incrociava nel Golfo di Fiume a poca distanza dal Porto Baross cannoneggiò il Palazzo del Governatore, sede di rappresentanza della Reggenza Italiana del Carnaro. Il comandante D’Annunzio, come ci riporta l’edizione straordinaria de “La Vedetta d’Italia” del 26 dicembre, usci miracolosamente illeso dall’attacco, procurandosi solo una leggera ferita alla testa.


Supplemento straordinario de La Vedetta d'Italia, 25 dicembre 1920, ore 18.


Bollettino straordinario de La Vedetta d'Italia, 26 dicembre 1920, ore 20, "Per ordine del governo di Roma, da 3 giorni le truppe regolari assassinano legionari e cittadini in violenti combattimenti" ... "la superdreadnought Andrea Doria spara sulla città prendendo di mira la persona del Comandante..."


Questo fatto indusse D’Annunzio a trattare la resa per evitare ulteriori spargimenti di sangue. Il 28 dicembre D’Annunzio sciolse la Reggenza e usci indenne dalla citta assieme alla maggior parte dei suoi legionari.
Alla fine si contarono diverse vittime, fra cui ventidue legionari, diciassette soldati italiani e cinque civili.
Il 2 Gennaio 1921, parte della popolazione della città fiumana si recò coi militari supersiti al camposanto per rendere, nonostante la sconfitta, l'ultimo saluto ai legionari di Ronchi.
Il comandante D'Annunzio, visibilmente commoss
o, recitò questa orazione funebre in loro onore:

« Ieri nel camposanto di Fiume, la volontà di ascendere, che travaglia ogni gesta di uomini, toccò l'ultima altezza. Parve la nostra vita più alta ora nel cielo dell'anima. Sapevano che io li conducevo verso la sommità di una bellezza a me stesso ignota? Quante volte nelle piazze, nelle corti, nei crocicchi, nei prati, su per le colline, lungo le rive, dalla ringhiera, quante volte avevo detto a questi poeti inconsapevoli le parole della più ebbra poesia? «Chi mai potrà imitare l'accento delle nostre canzoni e la cadenza dei nostri passi? Quali combattenti marciano come noi verso l'avvenire? Non eravamo una moltitudine grigia; eravamo un giovine dio che ha rotto la catena foggiata col ferro delle cose avverse e cammina incontro a se stesso avendo l'erba e la mota appicicate alle calcagna nude». Comprendevano. Dischiudevano le labbra perché si gonfiava il cuore. Bevevano la melodia. Credevano ch'io dessi loro da mangiare il miele del mattino: «il miele senza sostanza». Non eravamo legioni armate; eravamo un'armonia ascendente. Nessuno rimase in piedi: nessuno delle milizie, nessuno del popolo. E colui che versò più lacrime si sentì più beato. E qualcosa di noi trasumanava; e qualcosa di grande nasceva, di là dal presente. E ogni lacrima era Italia; e ogni stilla di sangue era Italia; e ogni foglia di lauro era Italia. E nessuno di noi sapeva che fosse e di dove scendesse quella grazia. Tale fu ieri il commiato che i Legionarii diedero alla terra di Fiume. E domani a un tratto la città sarà vuota di forza come un cuore che si schianta. Questi italiani hanno dato il loro sangue per l'opera misteriosa del fato latino, con terribile ebrezza d'amore i nostri, e gli altri con inconsapevole tremito scrivono nella muraglia funebre «Credo nella Patria futura, e mi prometto alla Patria futura». Inginocchiamoci e segniamoci, armati e non armati, davanti a questi morti. »


Dalla Domenica del Corriere, 7-14 settembre 1919, anno XXI num 36, Copertina: "A Fiume. Il commovente addio del popolo di Fiume alla Brigata Granatieri che è stata sostituita dalla Brigata Regina." (Disegno di R. Salvadori)


I caduti furono:
Legionari:

Tenente Asso Mario, Battaglione Ufficiali
Tenente Caviglia Carlo Arturo, R. Genio
Tenente Conci Italo, Legione Fiumana
S. Magg. Crosara Giovanni, I Squadr. Autoblinde
Sergente Pomarici Aldo, Comp. d'Annunzio
Sergente Troia Gaetano, I Squadr. Autoblinde
Sergente Delli Carri Nicola, I Squadr. Autoblinde
Sergente Gottardo Antonio, Granatieri
sergente Cattaneo G. Giovanni, Bers. Ciclisti
Sergente Del Baldo Arturo, Autoparco
Sergente Spaccapeli Santo, Comp. d'Annunzio
Caporale Macchi Lorenzo, Comp. d'Annunzio
Soldato Annibali Luigi, Bers. Ciclisti
Soldato Spessa Benvenuto, Comp. d'Annunzio
Soldato Baleani Lanfranco, 8. Reparto d'assalto
Soldato Francucci Federico, I Squadr. Autoblinde
Soldato Braga Giuseppe, Piemonte Reale
Soldato Groppi Primo, 8. Reparto d'Assalto
Soldato De Mei Mario, 8. Rep. d'Assalto
Soldato Pileggi Arturo, Brigata Regina
Soldato Colombo Giovanni, Bers. Ciclisti
Marinaio Rolfini Desiderato, Cacc. Espero


Caduti legionari del Natale di Sangue


Civili:

Almadi Alpalice, di anni 12, Viale Santa Entrada 6
Bernetich Antonio, San Nicolò 290
Copetti Antonia di anni 36, Viale Santa Entrada 90
Maurovich Vittorio, S.Nicolò-Zamet 311
Kucich Antonio di anni 39, Plasse Scurigne 20


È curioso ricordare che, dopo il "Natale di sangue", sia Benito Mussolini sul Popolo d'Italia (con un articolo di aspra condanna intitolato "Il delitto"), sia Antonio Gramsci su l'Ordine Nuovo (con un articolo apparso il 6 gennaio 1921) scrissero a difesa di D'Annunzio e dei legionari. È riportato qui di seguito l'articolo di Gramsci:

« L'onorevole Giolitti in documenti che sono emanazione diretta del potere di Stato ha più di una volta, con estrema violenza, caratterizzato l'avventura fiumana. I legionari sono stati presentati come un'orda di briganti, gente senza arte né parte, assetata solo di soddisfare le passioni elementari della bestialità umana: la prepotenza, i quattrini, il possesso di molte donne. D'Annunzio, il capo dei legionari, è stato presentato come un pazzo, come un istrione, come un nemico della patria, come un seminatore di guerra civile, come un nemico di ogni legge umana e civile. Ai fini di governo, sono stati scatenati i sentimenti più intimi e profondi della coscienza collettiva: la santità della famiglia violata, il sangue fraterno sparso freddamente, la integrità e la libertà delle persone lasciate in balìa di una soldataglia folle di vino e di lussuria, la fanciullezza contaminata dalla più sfrenata libidine. Su questi motivi il governo è riuscito ad ottenere un accordo quasi perfetto: l'opinione pubblica fu modellata con una plasticità senza precedenti. »

Conclusione della vicenda


L'8 ottobre 1921 fu composto un governo presieduto da Riccardo Zanella che tuttavia non fu in grado di porre fine alla contesa.

Un tentativo di presa del potere da parte di nazionalisti italiani venne represso dall'intervento del competente questore reale italiano e una breve occupazione da parte di fascisti locali, nel marzo 1922, finì con una terza occupazione militare italiana.
Sette mesi dopo a Roma Mussolini diventava capo del governo. L'Italia si avviava verso il regime fascista: il 3 novembre gli squadristi occuparono la città senza scontrarsi con i militari italiani.
Il periodo di tensione diplomatica si chiuse con il Trattato di Roma (27 gennaio 1924), che assegnò Fiume all'Italia e Sušak, assieme ad altre frazioni, alla Jugoslavia, con un'amministrazione portuale congiunta.
La formale annessione italiana (16 marzo 1924) inaugurò 20 anni di governo italiano della Provincia italiana di Fiume, o Provincia del Carnaro, seguiti da venti mesi di occupazione militare tedesca.
Il processo di fascistizzazione della città avvenne attraverso dure repressioni delle minoranze croate e slave e dei partiti politici di opposizione al regime sia italiani che slavi.
Ironia della storia pochi anni dopo dopo i fatti di Fiume, alcuni dei legionari si sarebbero affrontati, armi in pugno, su opposte barricate, nello scontro tra fascisti e antifascisti.




Bibliografia consultata ed utilizzata per le fonti scritte ed iconografiche:
  • AA.VV., La Storia D'Italia Vol. 20: L'avvento del fascismo e il regime - Cap. 1, Gruppo Editoriale L'Espresso - Repubblica, Roma 2005
  • Augusto Camera Renato Fabietti, Elementi di Storia Vol. 3A: I primi quarant'anni del XX secolo - Cap. 43, Ed. Zanichelli, Bologna 1998, ISBN 88-08-00635-2

Siti consultati ed utilizzati per le fonti scritte ed iconografiche:
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